sabato 25 aprile 2015

IL PAVIMENTO PELVICO – LE TUE RADICI PER IL BENESSERE



Domenica 17 MAGGIO 2014 (h. 10.00 – 13.00)
Presso: Centro Yoga Sangha – via Alunno, 10 – Milano (MM Bande Nere)
Seminario esperienziale condotto da
ROSALBA LUCIONI
Info e iscrizioni: 335 5927022 (Diletta Amba Mistretta)

Lo scopo del seminario è di insegnarti a percepire il tuo pavimento pelvico e fornirti strumenti utili per mantenere e/o rendere elastica la muscolatura pelvica.
È rivolto a donne e uomini che vivono disagi legati a questa importantissima parte del corpo e a chi, pur stando bene, vuole prevenirne i disturbi mantenendo uno stato di benessere.

Il Pavimento Pelvico è la base del nostro bacino, ciò che ci sostiene e che sorregge i nostri organi; è il nostro secondo diaframma, ci collega alla Terra, ci permette di stare con i piedi per terra e di sentirci radicati, il luogo che più di tutti è deputato all’accoglienza.
È un sistema di muscoli volontari e strutture davvero forti che svolgono tantissimo lavoro e dovrebbero essere allenati per conservare nel tempo la tonicità e prevenire (o eliminare, se già presenti) quei fastidiosi disturbi causa di disagio, primo fra tutti l’incontinenza urinaria.
Numerosi fattori possono determinare una disfunzione del pavimento pelvico. Le lesioni del parto, le carenze ormonali della menopausa, l’eccessiva attività sportiva, alcuni interventi chirurgici pelvici e diverse malattie neurologiche possono, infatti, portare a una ridotta prestazione della muscolatura pelvica con conseguenze sul benessere intimo e psicologico della donna, ma talvolta anche dell’uomo.
Manca, tuttavia, un’adeguata informazione su come prevenire e combattere tali disturbi che, oltre tutto, si ritiene erroneamente siano una prerogativa esclusivamente femminile. Pochi sanno, infatti, che essi possono colpire sia gli uomini sia le donne e che si possono contrastare attuando una corretta e tempestiva riabilitazione attraverso esercizi mirati.
La difficoltà nell’eseguire l’allenamento risiede nell’identificare correttamente la muscolatura pelvica e procedere correttamente con gli esercizi, si rischia, infatti, di contrarre altri muscoli (es. addominali, adduttori ecc.) vanificando l’obiettivo.
  
ROSALBA LUCIONI
La sua formazione ha inizio con l’ISEF (scienze motorie). Durante l’insegnamento, diventa per lei sempre più chiaro che nel corpo e nel gesto motorio è presente un essere umano, con sensazioni, emozioni, educazione, contesto sociale.
Approfondisce i suoi studi con la Psicomotricità del Prof Le Boulche, si Diploma come insegnante Feldenkrais con Ruty Alon ed anche col suo programma "Ossa per la vita".
Si forma come operatore Craniosacrale con Hugh Milne e Joseph Marzal.  Prosegue la sua formazione con costanti approfondimenti con insegnanti a livello internazionale ed é insegnante senior presso la Scuola Craniosacrale di Milano.

Frequenta il Corso di Formazione in Psicoenergetica con il Dott. Peter Schellenbaum. Si diploma con Dominique Degrange in Prenatal e Birth therapy ed è sua assistente in Italia.

lunedì 5 agosto 2013

Perché ci piace parlare di noi stessi

Un esperimento di risonanza magnetica funzionale sul cervello mostra che parlare di se stessi attiva le aree cerebrali legate a piacere e gratificazione. E poco importa se ci sia qualcuno ad ascoltare

In una conversazione che dura dieci minuti ne passiamo ben sei, in media, a parlare di noi stessi. E la cifra sale a otto quando il dialogo si svolge su una piattaforma di social media come Twitter o Facebook. È semplicemente questione di egocentrismo sfrenato, o alla base di tutti questi io, io, io c'è qualche ragione più profonda? Se lo sono chiesti gli scienziati dell'Harvard University Social Cognitive and Affective Neuscoscience Lab, scoprendo che parlare di sé stessi è fisiologicamente piacevole, perché attiva le aree neurali del cervello associate al piacere e alla gratificazione. Un meccanismo che funziona anche se non c'è nessuno ad ascoltare quello che si dice.

Per indagare il fenomeno, gli scienziati si sono serviti della risonanza magnetica funzionale (fMri), una tecnica di imaging cerebrale che evidenzia i livelli di attività in varie zone del cervello tracciando i cambiamenti nel flusso sanguigno. I ricercatori, come
raccontano su Pnas, in un primo esperimento hanno chiesto a 195 partecipanti di discutere opinioni e tratti della personalità propri e di altre persone, quindi hanno studiato le relative differenze nell'attività cerebrale. Spiccavano tre regioni neurali: la corteccia mediale prefrontale (il risultato meno sorprendente, dato che si tratta della zona generalmente associata ai pensieri legati a sé stessi), il nucleus accumbens (Nacc) e l'area tegmentale centrale (Vta). Ricordate cosa ci aveva raccontato in proposito David Linden, neurofisiologo statunitense tra i massimi esperti delle basi neurali del piacere? Il Nacc e la Vta sono le regioni cerebrali generalmente associate con i cosiddetti meccanismi di ricompensa, le sensazioni piacevoli e gli stati motivazionali relativi a stimoli come sesso, cocaina e buon cibo. Stando ai risultati dell'esperimento, dunque, parlare di sé sarebbe più o meno equivalente, dal punto di vista cerebrale, a mangiare il proprio piatto preferito.

Ma c'è di più. Gli scienziati si sono chiesti quanto questo risultato fosse dipendente dal fatto che ci fosse qualcuno ad ascoltare i propri vaneggiamenti egocentrici. Così, hanno chiesto a ciascun partecipante di portare con sé un amico e un parente e hanno ripetuto l'esperimento, dicendo esplicitamente alle cavie che alcune loro frasi sarebbero rimaste private e altre sarebbero state ascoltate dal compagno. I risultati della risonanza magnetica funzionale hanno mostrato che le aree del piacere si attivavano (anche se in misura minore) anche quando chi parlava era cosciente del fatto che non ci fosse nessuno all'altro capo della conversazione. Parlare di sé stessi, insomma, è intrinsecamente gratificante.

“Parlare di sé non è in contrasto con le funzioni adattative della comunicazione”, spiega lo psicologo Adrian Ward su Scientific American. “Anzi. Svelare informazioni private agli altri può aumentare i collegamenti interpersonali e aiutare la formazione di nuovi legami sociali, tutti fattori che influenzano la sopravvivenza fisica e la felicità personale. Parlare dei propri pensieri e della propria percezione, inoltre, può portare a una crescita personale grazie ai feedback esterni che si ricevono. Come altre forme di comunicazione, è un meccanismo che aumenta le probabilità di sopravvivenza e la qualità della vita. La scienza vi ha legittimato, dunque. Potete ricominciare subito a parlare di voi: dopo starete meglio. Ma cercate di non prendere troppo alla lettera i ricercatori. Trovatevi un interlocutore.
05 agosto 2013 di Sandro Iannaccone
(Credit per la foto: Corbis)

mercoledì 24 luglio 2013

Solo vi chiedo di venire a casa mia con rispetto. Per servirvi ho bisogno della vostra devozione, se non della vostra sincerità.
Non ho bisogno delle vostre convinzioni, ma della vostra sete di conoscenza. Accedi con i tuoi vizi, le tue paure e gli odi, dal più grande al più piccolo. Io posso aiutarti a dissolverli.
Potete guardare me come donna, una madre, una figlia, una sorella, un amico l'amore, ma mai mi dovete guardare come un'autorità sopra voi stesse.
Se la devozione a un Dio è più grande della devozione al Dio dentro se stessi offendete entrambi e offendete Uno"
(Dal libro "Faraone" di Gabriel Silva)

Traduzione Testo geroglifico iscrizione su lamina d'oro sulla porta della cappella del tempio di Karnak dedicata a SEKHMET
 
 

giovedì 13 giugno 2013

Coscienza Globale e Campo Unificato: le forze alla base dell'universo

Recenti studi dal Global Consciousness Project dimostrano che l'umanità possiede una mente collettiva


Alessandro Silva - pubblicato su Scienza e Conoscenza il 30/05/2013  
 
         

Coscienza Globale e Campo Unificato: le forze alla base dell'universo Carl Gustav Jung diceva:
«Come oltre l’individuo esiste una società, così oltre la nostra psiche personale esiste una psiche collettiva, l’inconscio collettivo, che cela parimenti in sé grandi attrattive».

Ebbene, la scienza ufficiale, quella dei numeri, lo ha ammesso: esiste una “coscienza globale”, come precedentemente dimostrato da millenni dalle dottrine spirituali che, da sempre, hanno parlato di una Griglia Energetica che circonda la Terra e funge da matrice della realtà e dell’esperienza raggiungibile dall’umanità. Vediamo di cosa si tratta.

La coscienza globale collettiva
È stata ipotizzata già da qualche decennio l’esistenza di una coscienza globale collettiva, ossia una rete invisibile che collega l’intera umanità ed è in grado di reagire agli eventi importanti che accadono nel mondo. Secondo gli studi condotti da Gregg Braden, scienziato innovativo e studioso poliedrico, alla base di tale coscienza globale vi sarebbe un campo di energia (la Matrix Divina) che crea relazioni tra le due grandi sfere nelle quali si manifesta l’Universo, quella materiale e la spirituale. La “Matrix Divina” funzionerebbe come un grande computer cosmico cosciente, utilizzando le emozioni e le scelte di ogni uomo per creare la realtà.
Il concetto di coscienza globale si integra a quanto viene definito come noosfera, ossia la “sfera del pensiero umano”, termine costruito a partire dalla parola greca νους (“nous”), che significa mente, e dalla parola sfera (intesa come “contenitore”).
Nella teoria originale di Vladimir Vernadsky, la noosfera è la terza fase di sviluppo della Terra, successiva alla geosfera (materia inanimata), evolutasi in maniera significativa dalla nascita della vita verso la biosfera (vita biologica). La biosfera avrebbe subito radicali cambiamenti con la comparsa della conoscenza, favorendo così lo sviluppo della noosfera.
Attraverso un’elaborazione del concetto, il gesuita filosofo Pierre Teilhard de Chardin, arrivò a definire la noosfera come una “coscienza collettiva” che scaturisce dall'interazione fra il pensiero delle menti umane. La noosfera si è sviluppata con l'organizzazione e l'interazione degli esseri umani durante il popolamento del pianeta terra. Con la comparsa di reti sociali sempre più complesse, anche la noosfera avrebbe acquisito maggior consapevolezza. Più l'umanità si organizzava in forma di reti sociali complesse, più la noosfera acquisiva consapevolezza. Questo processo culminerà con il raggiungimento di una soglia critica, il “Punto Omega”, ossia il punto più alto di complessità (socializzazione), e quindi di coscienza, che l'umanità potrà raggiungere.

Le prime evidenze dell’esistenza di una coscienza globale
Il primo a indagare con rigore scientifico sulla coscienza globale fu, negli anni 80’ il professor Robert Jahn, fisico, ingegnere e studioso di fenomeni psichici e parapsicologici. Con Brenda Dunne, Robert Jahn fondò il Princeton Engineering Anomalies Research Lab dedicandosi allo studio di effetti psicocinetici su generatori elettronici di eventi casuali da lui stesso costruiti.
Nei primi tempi della ricerca, il professor Jhan si recava in mezzo alla strada, chiedendo ai passanti di concentrarsi sul suo generatore di eventi. In seguito si rivolse a gruppi di meditazione, ottenendo sempre gli stessi risultati: l'apparecchio alterava la corretta sequenza di generazione casuale dei numeri e la linea del grafico che ne risultava si discostava da quella totalmente piatta che ci si aspettava di vedere, come se vi fosse stata una qualche interferenza esterna. Nel corso di 25 anni di ricerca, Jahn e Dunne ottennero risultati statisticamente significativi che implicavano l’esistenza di una relazione diretta tra le intenzioni dei soggetti interpellati e la variazione delle sequenze numeriche altrimenti casuali.
Nei decenni successivi, grazie allo sviluppo di tecnologie più sofisticate e alla crescita dell’interesse verso il concetto di coscienza globale, più Istituti di ricerca si sono collegati fra loro avviando uno studio su scala mondiale denominato Global Consciousness Project (cioè “Progetto Coscienza Globale”, GCP) con lo scopo di scoprire se esistesse o meno un collegamento inconscio dell'umanità ad una "mente collettiva" (noosfera).

Il Global Consciousness Project e i risultati raggiunti
I ricercatori del GCP piazzarono in tutto il mondo (per la precisione fra Europa, Stati Uniti, Canada, India, Isole Fiji, Nuova Zelanda, Giappone, Cina, Russia, Brasile, Africa, Thailandia, Sud America ed Australia) 134 generatori di numeri casuali ribattezzati “eggs”, cioè “uova”. La funzione di queste uova è sia quella di generare costantemente e a caso i numeri 0 e 1 che di formulare previsioni (veri e propri pronostici) sui numeri casuali che stanno per generare. In pratica, se il pronostico è azzeccato si indovina, altrimenti la risposta è considerata sbagliata. Le uova compiono la triplice operazione di pronostico-estrazione-verifica 100 volte al secondo. Dopo un numero sufficientemente alto di tentativi, i risultati si stabilizzano intorno alla probabilità del 50/50, cosa assolutamente naturale e contemplata dalla statistica poiché 0 e 1 hanno la stessa probabilità di uscire. Tuttavia, questo non è accaduto quando i risultati erano monitorati contemporaneamente al verificarsi di un qualche evento significativo per la coscienza globale. In concomitanza di disastri aerei, eruzioni vulcaniche, tsunami ed eventi come il crollo delle torri gemelle o la cerimonia di apertura delle Olimpiadi le risposte dei dispositivi si allontanavano molto dal range di attendibilità statistica, evidenziandosi come picchi nei grafici di distribuzione dei dati.

Una volta appurato che il modello rispondeva a eventi importanti, si iniziò a monitorare le uova con maggiore attenzione in periodi vicini ad eventi di portata mondiale, quali festeggiamenti o tragedie, rilevando come una variazione del segnale di base fosse percepito più intensamente dalle uova prossime alla zona geografica in cui aveva luogo quel determinato evento.

La scienza incredula lo conferma..
Il Dottor Roger Nelson, a capo del GCP da circa 15 anni, continua ancora oggi a raccogliere dati. Tali dati sono trasmessi a un server collocato all’Università di Princeton dove sono archiviati per l'analisi. Ben 75 scienziati di diverse discipline e provenienti da tutto il mondo (41 Nazioni), si sono recati a Princeton per partecipare allo studio più lungo e complesso mai condotto su parapsicologia e attività paranormali.

Proprio il febbraio di quest’anno è stata la stessa università di Princeton a rompere il riserbo dichiarando ufficialmente che non solo è stata prodotta una dimostrazione scientifica sull’esistenza della coscienza globale ma anche come la Noosfera – cioè la mente umana collettiva – sia capace di influenzare gli elaboratori informatici.
I ricercatori sono consapevoli che lo studio al quale stanno prendendo parte ha implicazioni che entrano nel campo della metafisica e della religione, ambiti che esulano dalla loro stretta competenza. Per questo una corretta interpretazione del fenomeno richiederà tempo, collaborazioni e confronti professionali trasversali. Così, per ora, nonostante la dichiarazione pubblica fatta dalla struttura universitaria, gli scienziati non intendono sbilanciarsi: i dati sono inoppugnabili, ma l’interpretazione accademica è ancora tutta da costruire.
Lo stesso dottor Nelson nell’ultimo supplemento del “Journal of Parapsychology” del dicembre 2012 – pag. 36, n.d.t.) ha dichiarato: “[…] Abbiamo creato un protocollo per definire quali siano gli eventi chiave in cui aspettarsi che molte persone possano condividere uno stato di coscienza e delle emozioni. Abbiamo previsto cambiamenti significativi nei dati casuali durante grandi tragedie e grandi celebrazioni e da qui abbiamo iniziato a raccogliere una enorme quantità di dati. L’ipotesi generale è che avremmo trovato nella nostra struttura di dati, altrimenti casuali, correlazioni con eventi di grande importanza per l’uomo.

Il GCP ha compiuto 14 anni nel 2012 ed ha portato a termine più di 400 esperimenti indipendenti che avvalorano l’ipotesi generale[…]. La spiegazione più plausibile è che noi umani influenziamo in parte la Noosfera di Theilhard, in corrispondenza di grandi emergenze e celebrazioni […]. Da qui possiamo partire con una nuova ricerca sulla coscienza […]”.

La coscienza globale ci salverà?
Il risveglio della coscienza globale è proposta come una delle chiavi per la risoluzione dell’attuale crisi mondiale e per garantire un futuro sostenibile.
Studiosi, scienziati e mistici come Capra, Bohm, Krishnamurti, Prigogine e Pribram ritengono che una delle caratteristiche essenziali della nostra cultura, e di quella scientifica in particolare, sia la sua radicata tendenza alla frammentazione. Per comprendere e spiegare un fenomeno, la scienza lo analizza scomponendolo nei suoi elementi costitutivi e cercando di comprendere le leggi che lo governano e lo muovono.?Purtroppo, tale metodo di analisi è stato trasferito anche a livello umano, dove si è tradotto in una profonda divisione tra anima e corpo, cuore e testa, istinti e coscienza.
L’enorme sviluppo della scienza e i suoi risultati industriali ed economici testimoniano la forza di questo pensiero logico-analitico orientato al possesso e alla conquista di quanto di umano, animale e vegetale ci sia da dominare.
Nell’ambito di un discorso generale sull’evoluzione umana, da una concezione frammentata e locale a una civiltà globale, etica e sostenibile, il primo passo è la necessità di trasformare la consapevolezza di sè stessi da una modalità frammentata ad una unitaria.

Negli ultimi decenni sono emerse numerose tecniche terapeutiche, innovative ed efficaci, tutte ispirate al paradigma olistico che considera l’essere umano come unità indivisibile e complessa di corpo, mente e spirito e che si articolano nei seguenti punti:
  • ripulirsi dai veleni e dalle tossine del corpo fisico,
  • riaprire la sensibilità del corpo energetico, rivitalizzare ogni cellula del corpo e sviluppare una percezione sensoriale più profonda e sottile,
  • sciogliere le emozioni negative: paure, rabbie, tensioni, gelosie, rancori, tristezze che ci legano al passato e che ci chiudono il cuore,
  • liberarci dai vecchi e pesanti condizionamenti mentali, ideologici, politici o religiosi che opprimono la mente,
  • riaprire la spiritualità naturale dell’essere attraverso le tecniche di meditazione e di crescita interiore,
  • sviluppare una coscienza planetaria, attraverso un’adeguata informazione ecologica, umana, culturale, scientifica e sociale, che ci permetta di sentirci connessi con la Terra intera.

Chi si apre all’ecologia, alle medicine olistiche, alla ricerca interiore, alla pace, alla tutela dei diritti umani, all’etica della globalizzazione sta uscendo da una vita automatica e ritrovando una diversa coscienza planetaria. Ma il vero punto di svolta avviene quando si risveglia la coscienza globale e si diventa consapevoli del proprio sé. Ogni cosa diventa magica, unica e irripetibile.

E come disse il fisico quantistico John Hagelin, un pionere della cosidetta “Teoria del Campo Unificato”:
«Ciò che abbiamo scoperto è che alla base dell’universo c’è un campo universale, dove tutte le forze e particelle della natura sono unite. Esse sono onde di un singolo oceano di esistenza».

È giunto il momento di imparare a nuotare!

Bibliografia e Sitografia
http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.1371.9
http://infoliberaevera.blogspot.it/2010/09/la-coscienza-globale-durante-l11.html
http://www.coscienza.org/AchepuntoèlaRicerca1.htm
http://www.reteolistica.it/site03/index.php?option=com_content&view=article&id=10:il-risveglio-della-coscienza-globale&catid=4:articoli&Itemid=2
http://quantoequantaltro.blogspot.it/2013/02/coscienza-globale-un-esperimento-ne.html
La Matrix Divina, Gregg Braden. – Macro Edizioni

domenica 9 giugno 2013

When I loved myself enough



Quando ho iniziato ad amarmi davvero…
ho capito…
…com’è imbarazzante aver voluto imporre a qualcuno i miei desideri,
pur sapendo che i tempi non erano maturi e la persona non era pronta,
anche se quella persona ero io.
Oggi so che questo si chiama “RISPETTO”.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho smesso di desiderare un’altra vita e mi sono accorto che tutto ciò che mi circonda é un invito a crescere.
Oggi so che questo si chiama “MATURITA’ “.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho capito di trovarmi sempre ed in ogni occasione al posto giusto nel momento giusto e che tutto quello che succede va bene.
Da allora ho potuto stare tranquillo.
Oggi so che questo si chiama “STARE IN PACE CON SE STESSI”.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho smesso di privarmi del mio tempo libero e di concepire progetti grandiosi per il futuro.
Oggi faccio solo ciò che mi procura gioia e divertimento,
ciò che amo e che mi fa ridere,
a modo mio e con i miei ritmi.
Oggi so che questo si chiama “SINCERITA’ “.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
mi sono liberato di tutto ciò che non mi faceva del bene: persone,
cose, situazioni e tutto ciò che mi tirava verso il basso allontanandomi da me stesso… all’inizio lo chiamavo “SANO EGOISMO”…
ma oggi so che questo è “AMORE DI SE’ “.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
ho smesso di voler avere sempre ragione.
E cosi ho commesso meno errori.
Oggi mi sono reso conto che questo si chiama “SEMPLICITA’ “.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
mi sono rifiutato di vivere nel passato e di preoccuparmi del mio futuro.
Ora vivo di più nel momento presente,
in cui tutto ha un luogo.
È la mia condizione di vita quotidiana e la chiamo “PERFEZIONE”.

Quando ho cominciato ad amarmi davvero,
mi sono reso conto che il mio pensiero può rendermi miserabile e malato.
Ma quando ho chiamato a raccolta le energie del mio cuore, l’intelletto è diventato un compagno importante.
Oggi a questa unione dò il nome di “SAGGEZZA INTERIORE”.

Non dobbiamo continuare a temere i contrasti,
i conflitti e i problemi con noi stessi e con gli altri perché perfino le stelle,
a volte, si scontrano fra loro dando origine a nuovi mondi.
Oggi so che tutto questo è “LA VITA”.

Kim e Alison McMillen

giovedì 2 maggio 2013

BUONA GIORNATA!



Ti auguro che ogni cellula del tuo corpo straripi di gioia e che funzioni in modo integrato e armonico con tutte le altre.
Che ogni tuo pensiero riempia la tua vita e l’'intero universo di amore, armonia, entusiasmo, passione, ottimismo, meraviglia, gratitudine e tanta tanta bellezza e che tu viva tutto ciò che di più felice sai desiderare con la fierezza di chi sa che se lo merita. Questo ti auguro.

Luciana Murru

sabato 27 aprile 2013

GLI "ULTRA-SCETTICI" E I "DEBUNKERS" SONO RITARDATI MENTALI?


Tutti noi li abbiamo incontrati. Uomini e donne razionali, gli autoproclamati guardiani e avanguardie del dogma materialista e della loro fede assoluta nel governo e nelle conferenze stampa ufficiali delle aziende.

I debunker e gli ultra-scettici, quanto gli piace mettere compulsivamente in ridicolo e prendere in giro tutto quello che etichettano come pseudoscienze e teorie del complotto. Allo stesso tempo chiamano deficienti e stupidi quelli che cantano fuori dal coro o mettono in discussione l'ortodossia prevalente. A prescindere da tutte le prove concrete che puoi sottoporgli o senza considerare quanto labili siano le loro scienze esatte che ti buttano in faccia per controbattere.

Sembrano più vicini, con il loro zelo messianico di prendere di mira i cosiddetti pseudoscientifici, ai Domenicani e Gesuiti che nel Medioevo passavano al setaccio l'Europa per acciuffare eretici da mettere al rogo.

La loro miope visione del mondo non cambia, almeno fino a quando non esce una versione ufficiale da parte dei governi, delle aziende o dalle pubblicazioni del mondo accademico. Da quel punto in poi la appoggeranno come l'unica vera e indiscutibile realtà dei fatti.

Anche grazie all'influenza di personaggi come Richard Dawkins e Christoper Hitchens, questi guerrieri internettiani della razionalità vedono creazionisti e bigotti cristiani dietro ogni angolo virtuale.

In realtà, a parte quelli simili a loro, questi tipi sembrano alla maggior parte delle persone dei soggetti insopportabilmente noiosi, arroganti e inspiegabilmente arrabbiati. Con una tendenza allo scontro dai toni isterici.

Spesso accade di scoprire che questi tipi non hanno neanche un vero e proprio background scientifico, i loro comportamenti sono più il risultato di mantenere uno staus quo e una smodata devozione verso le "autorità". Considerano l'apertura mentale alla stregua di una malattia mentale.

E quindi? Perchè si comportano in quel modo? Manca l'intelligenza sociale?

Una inabilità al dibattito, condividere idee interessanti e ascoltare l'opinione degli altri anche quando potrebbe mettere in discussione la propria?

Incredibilmente la risposta potrebbe venire proprio dalla loro amata scienza ufficiale. L'ipotesi potrebbe essere questa: la parte sinistra del loro cervello soffrirebbe di una sorta di iper stimolazione a scapito dell'emisfero destro, con il risultato di una forma di schizofrenia di cui sarebbero vittime. Per questo non danno valore all'intelligenza emotiva nelle sue tante manifestazioni come le scienze noetiche e intuitive.

Dagli anni sessanta in poi ci sono stati studi che hanno ricercati il ruolo dei due emisferi cerebrali nella formazione e sviluppo della consapevolezza e funzionalità cognitiva. E' diventata generale opinione che l'emisfero sinistro organizza tutti i processi analitici e le valutazioni quantitative, l'emisfero destro ospita tutti quei processi che si esprimono nelle forme d'arte, nella creatività.

Questo era in realtà un punto di partenza, una spiegazione piuttosto semplice, il proseguire degli studi ha mostrato che in realtà ognuno dei due emisferi contribuisce all'organizzazione degli stessi processi.

Quello che è importante, cruciale è invece un certo livello di differente ridondanza in ognuno degli emisferi.

Mi spiego meglio: i due emisferi eseguono entrambi due azioni di consapevolezza. L'emisfero sinistro se ne occupa prendendosi carico di compiti specifici mentre l'emisfero destro agisce come una sorta di consapevolezza periferica.

Uno si dedica al compito del momento mentre l'altro agisce da controllore in background, uno è focalizzato sullo specifico mentre l'altro tiene d'occhio lo scenario generale. Se prendi ad esempio un umano dei tempi preistorici, mentre era occupato a squoiare un animale cacciato, bene la sua focalizzazione e concentrazione su quello che stava facendo avrebbe potuto metterlo in pericolo. Il pericolo che arrivava dall'ambiante circostante, da possibili animali feroci in agguato o altri tipi di pericoli e attacchi.

Una parte del cervello doveva concentrarsi sull'operazione in via di svolgimento, mentre l'altra doveva agire in sottofondo, mantenendo una consapevolezza più sottile, generalizzata e intuitiva.

Ecco perchè l'emisfero destro è maggiormente collegato con l'intuito e le realizzazioni noetiche, e questo è il motivo che porta gli artisti a vedere i cambiamenti sociali intorno a loro molto prima di tutti gli altri. La loro visione di sottofondo è più sviluppata perchè fanno un uso dei due emisferi così come dovrebbero essere utilizzati.

Inoltre l'emisfero sinistro si è pensato possa organizzare il senso del sé e del valore del sé, questo è stato valutato ad esempio nelle persone che hanno subito danni da ictus. Mentre la loro percezione faceva credere che stessero benissimo, che avessero intatte tutte le funzioni, al momento di alzarsi dal letto e solo allora, capivano che avevano un lato del corpo paralizzato.

Se continuiamo ad analizzare le funzioni delle differenti parti del cervello ( lo scopo è di capire il perchè di modi e comportamenti dei debunker), possiamo passare al corpo calloso e alla sua funzione. E' collocato fra i due emisferi, è una sottile membrana di nervi. Più che un punto di contatto fra i due emisferi, oggi si è portati a pensare che agisca come una memoria ausiliaria. L'interazione fra queste differenti parti ha funzionamenti che differiscono nelle persone in differenti parti del pianeta, nel mondo occidentale infatti si vede che l'emisfero sinistro tende a prevalere e tentare di spegnere le funzionalità dell'emisfero destro, si comporta un pò come un prepotente.

Questo tipo di attività cerebtrale è testimoniata dalle TAC eseguite, dove si vede che nei soggetti molto razionali l'emisfero sinistro tende ad inibire il destro passando per il corpo calloso.

Ti starai chiedendo cosa c'entra tutto questo con i debunker di cui ti parlavo prima, è presto detto.

Debunker e scettici ad oltranza utilizzano per due terzi l'emisfero sinistro rispetto al destro. Come abbiamo visto, in questo tipo di interazione la funzione dell'emisfero destro ne risulta inibita e questo ha una pesante ricaduta su tutto il processo cognitivo.

E' quello che accade nel cervello di debunker e iper scettici.

Questo dislivello porta alla necessità, che loro sentono, di salvare il mondo dagli idioti, tutti quelli che osano mettere in discussione l'opinione delle autorità e le loro indicazioni. Allo stesso tempo le loro capacità di consapevolezza intuitiva ne escono fortemente limitate.

Capisci come funziona? Tutta la loro fissazione con le funzionalità del cervello, la sua dimensione e la convinzione che tutta l'esperienza umana si esaurisca nei processi cerebrali, è segnale della prevalenza dell'emisfero sinistro su quello destro, ricordi che ti ho detto che l'emisfero sinistro presiede al senso di sé e alla convinzione di forza di sé anche quando non corrisponde alla realtà?

Ma non finisce qui, c'è ancora molto altro da dire sull'evoluzione del cervello e su come sono manipolate le statistiche...
L'evoluzione del cervello umano pone dei problemi alle impostazioni darwiniane. Se si prende in esame la conformazione del corpo cavernoso si deve notare che, a partire dal mondo preistorico le evoluzioni vanno in un senso quasi inaspettato.

Invece di avere un rafforzamento di questa componente cerebrale, si è visto che l'integrazione dei due emisferi è cresciuta, invece di avere un distanziamento dei due lobi si è assistito al procedimento inverso.

Il mondo degli umani preistorici viveva delle esperienze prodotte da due emisferi molto più isolati uno rispetto all'altro. L'evoluzione per come la possiamo osservare, invece, ci dimostra che un cervello più raffinato è formato da due emisferi che sono più ravvicinati.

La morfologia del cervello dell'essere umano più evoluto mostra una integrazione maggiore, un uso più equilibrato e complessivo dei due emisferi. Nessuna netta separazione, nessuna distanza crescente.

Da questo punto di vista forse il cervello di debunker e scettici estremisti è “arcaico”, almeno l'uso che loro ne possono fare è tipico degli uomini primitivi. Le ricadute per chi ha queste disfunzioni cerebrali sono disastrose.

I debunker e gli scettici hanno difficoltà ad accettare le intuizioni, sono inconsapevoli del fatto che la maggior parte delle importanti scoperte, anche in campo medico e scientifico siano il risultato di momenti di intuizione, introspezione, tipi di consapevolezza intuitiva che solo in un secondo momento erano e sono messi al vaglio del metodo scientifico.

In questo poi, bisogna dire che un suo ruolo lo ha anche il tipo di educazione scolastica del mondo occidentale, focalizzata soprattutto sulla separazione di utilizzo dei due emisferi cerebrali.

Eppure i debunker non ne sono minimamente consapevoli, come già scritto nella prima parte di questo articolo, hanno le stesse reazioni di chi ha subito un ictus. Il salto fra quello che credono reale e quello che realmente esiste è enorme, nello stesso modo la consapevolezza verso un differente tipo di fare esperienza delle cose è per loro totalmente inaccettabile.

Questo punto è importante perché ci fa comprendere il motivo di un rifiuto totale da parte di debunker ed estremisti scettici verso tutti quei tipi di conoscenza e consapevolezza intuitiva, verso le conoscenze e le scienze noetiche. Ogni versione o lettura alternativa diventa per loro un fatto incomprensibile, un riferimento alla realtà e all'esperienza che sfugge per intero alla loro dimensione.

Questo li pone allo stesso livello di un cervello schizofrenico, una sorta di schizofrenia auto indotta, il risultato di una eccessiva e squilibrata attività dell'emisfero sinistro.

Ma in che modo l'eccessiva razionalità porta a questo tipo di follia? Il problema, infatti, nasce quando la mente razionale, analitica, quando il sovraccarico di dati da processare inevitabilmente diventa un bagaglio di convinzioni da difendere ad ogni costo. E' proprio quello che succede quando un emisfero diventa ipertrofico e l'altro va in sovraccarico.

Un risultato di questo squilibrio sta anche nella perdita della funzione cognitiva e del controllo comportamentale.

Questo spiega perché esiste così tanta rabbia e ostilità da parte di debunker e scettici irriducibili. L'aspetto prepotente del loro squilibrio cerebrale comporta una dose forte di narcisismo e di conseguente complesso di superiorità. Si sviluppa una mentalità del tipo “io so tutto e io capisco tutto”, quando invece l'attività cognitiva di queste persone è decisamente dimezzata.

Vivono dimezzati, un aspetto dell'esperienza umana è di base del tutto mancante. Questa metà del fare un'esperienza collegata alle intuizioni, all'intelligenza emotiva e a una consapevolezza allargata manca completamente al loro orizzonte esperienziale. I modi sottili ed intricati che derivano da questo tipo di approccio, per loro restano un mistero insondabile. Per lo scettico debunker le cose “o stanno in un certo modo o non esistono affatto”. Tutto è bianco o nero, tutte le sfumature comprese fra questi due estremi, per loro semplicemente non esistono.

L'altra conseguenza è una profonda forma di stress che viene da un tale scenario cognitivo e comportamentale. Quando attaccano gli altri definendoli stupidi, idioti o ritardati in realtà esprimono un forte senso di frustrazione. A volte rasentano un livello di isteria che li fa saltare anche di fronte a chiunque cerchi, anche solo un pochino, ad avere apertura mentale.

Reagiscono come se si trovassero davanti a una forma di vita aliena, non riescono in nessun modo a mettersi in contatto con un altro punto di vista. Per loro resta un qualcosa di irragionevole, da persone con la testa fra le nuvole.

Quando esprimono la loro esperienza umana con rozze metafore del tipo “siamo robot con un DNA”, si allontanano da come il resto di tutti noi fa esperienza di questa stessa realtà umana. Tutti noi siamo consapevoli che esiste molto, molto di più di quello che questi debunker credono.

Per tutti questi motivi la prossima volta che ti ritrovi ad avere a che fare con un debunker o uno scettico estremista, non perdere il tuo tempo cercando di intavolare una discussione, evita di proporre il tuo punto di vista perché, come ti ho mostrato fino ad ora, stai cercando di offrire una esperienza sviluppata al 100% a soggetti che hanno soltanto uno sviluppo esperienziale ridotto a metà.

Cerca di tenere presente, quando hai a che fare con loro, che vivono una dimensione dimezzata. Non è colpa loro, sono così e stop. Non ne sono responsabili, una grossa responsabilità l'ha avuta un sistema educativo squilibrato. Un sistema educativo che ha radici antiche, con un risultato che sa di dittatura scientifica.

In questo contesto sono più vittime che responsabili. Tu lo sai bene, a differenza di quello che loro possono fare, tu devi cercare di utilizzare tutte le tue risorse. Usa il cento per cento delle tue esperienze. In un certo senso ti sto consigliando di ignorarli.

Non dovresti cercare la loro approvazione, non potrebbero capire e non accetterebbero il tuo punto di vista. Non possono farlo. Per loro è interessante, importante solo quello che viene dal mondo dei colletti bianchi, dai vertici aziendali, dal mondo scientifico, accademico e medico. Credono alle versioni ufficiali, oltre quello non riescono a capire.

Con loro devi essere educato, lasciali stare e vai per la tua strada.
Tratto da:http://thomassheridanarts.com/articles.php?article_id=82

Traduzione: Italo Cillo